Per sottolineare lo straniamento e lo smarrimento di Claire e Jamie, una volta separati, nell’approcciarsi sessualmente ad altri partner la trasposizione televisiva sceglie la metafora degli occhi chiusi. Quando vediamo dunque Jamie cedere alle pudiche avance di Mary MacNab nella grotta, e Claire ritrovare brevemente una connessione intima con Frank a Boston, entrambi chiudono gli occhi. L’intento è quello di far passare agli spettatori il messaggio che Jamie è fisicamente con Mary, ma sta pensando a Claire – e che Claire è fisicamente con Frank, ma sta pensando a Jamie.
La metafora degli occhi chiusi è suggestiva – ma semplicistica. Tenere gli occhi aperti o chiusi mentre si fa sesso non ha affatto un valore assoluto, infatti. Si possono chiudere gli occhi per non vedere chi si ha di fronte, certo, e poter immaginare di essere con qualcun altro. Ma si possono anche chiudere gli occhi in segno di grande fiducia verso il proprio partner, perché ci si fida appunto “a occhi chiusi”, non si teme nulla, e si chiudono gli occhi per abbandonarsi alle sensazioni del proprio corpo. Allo stesso modo, si possono tenere gli occhi aperti per creare una connessione con la persona con cui si sta facendo l'amore: il contatto visivo è senz'altro eccitante, e guardarsi fa parte dell'immaginario erotico di molti (altrimenti gli specchi in camera da letto avrebbero avuto ben meno fortuna). Ma si possono anche tenere gli occhi aperti per non perdere il controllo della la situazione, perché non si è a proprio agio, perché non si riesce a lasciarsi andare, perché si teme che l'altro possa fare qualcosa di strano. Dunque il passo falso degli sceneggiatori, in questo caso, è dare per scontato che chiudere gli occhi sia qualcosa di negativo in senso assoluto. La verità è che non c'è una regola, e quando una coppia fa l'amore, ciascuno dei due a volte chiude gli occhi, a volte li tiene aperti, a seconda dell'estro del momento, della situazione, di molti fattori imprevedibili. Certamente non si tratta di un fattore standard, qualcosa che si fa sempre allo stesso modo, in ogni rapporto sessuale. Ancor più semplicistica è la deriva cui questa metafora porta, in Outlander, negli eventi del Novecento. Gli sceneggiatori infatti mettono in scena un Frank che “non ci sta”, che vuole il contatto visivo mentre fanno l’amore, che chiede a Claire di aprire gli occhi. Che arriva a interrompere un amplesso, perchè lei non li apre, accusandola di essere ”con lui”. Addirittura rinfacciandole di non aver avuto, prima, l'abitudine di chiudere gli occhi – come se, appunto, fosse qualcosa di immutabile. Si tratta di una scelta piuttosto infelice, che tradisce il personaggio di Frank e lo banalizza. Frank è un uomo sicuro di sé, un professore universitario che le migliori università del mondo si contendono (Oxford appena dopo la guerra, Harvard alla fine degli anni Quaranta, Cambridge a metà anni Sessanta...), un uomo avvenente con molte ammiratrici. Ha 12 anni più di Claire e il suo rapporto con lei è sempre stato sbilanciato: lui è l’uomo esperto, lei la novizia. Non a caso lui aveva molta più esperienza di lei in campo sentimental-sessuale, al momento del loro matrimonio. E anche quando lei torna dal viaggio nel tempo, é Frank che dirige, Frank prende le decisioni. Lui sceglie di trasferirsi con Claire a Boston, lui gestisce, lui mantiene economicamente la famiglia. Certo, è ovvio che per Frank il ritorno di Claire, incinta di un altro, bigama confessa, disperata per aver perso l’altro è una botta non da poco. Ma Frank non tentenna, nei libri di Diana Gabaldon. Lamentarsi perché lei non lo guarda quando fanno sesso, addirittura interrompere un rapporto nel mentre e chiudere del tutto l’intimità con Claire per gelosia nei confronti di un fantasma... è puerile: qualcosa che il Frank della versione letteraria non si sarebbe mai sognato di fare. Tornando alla metafora, è interessante notare come gli sceneggiatori creino una evoluzione, negli eventi del Settecento, un legame sottile tra l'incontro di Jamie con Mary McNab (nella seconda puntata) e quello con Geneva (nella quarta). Nella grotta, quando Mary vince le resistenze di Jamie e lui si china, frastornato, per baciarla, lei nota che lui ha gli occhi chiusi. Accennando a spogliarsi, gli dice “You can look at me if you’d like”: un modo per creare tra loro un po' di desiderio. Lui è sopraffatto dalle emozioni – sta per toccare una donna dopo sei anni, la prima dopo Claire – e la rassicura, dicendole che è bella, ma che lui tiene sempre gli occhi chiusi (“You're a bonnie lass. It's just something I always do”). Ovviamente si tratta di una bugia; ma una bugia tenera, per non offenderla richiamando ancora una volta la memoria di Claire in quel loro momento. (Purtroppo chi guarda la serie solo in italiano perde questo passaggio a causa di un clamoroso errore di doppiaggio: nella versione italiana infatti Jamie inspiegabilmente a Mary dice “Sei molto bella. Mi verrà in mente come si fa”). Con Geneva invece le parti sono invertite; ed è Jamie, dopo aver cominciato a spogliarsi su suo comando (“You may disrobe”), ad accorgersi che lei lo sta spiando di sottecchi e, con un sospiro, a dirle la stessa frase, “You can watch me if you’d like”. Da notare che questa frase, a differenza della scena con Mary, nella scena con Geneva è presente anche in Voyager. Per tutta la durata dell'amplesso con Geneva, nella trasposizione televisiva, Jamie non chiude mai gli occhi: significativamente lo fa solo al momento dell'orgasmo, quell'unico attimo in cui il controllo cede alla sensazione pura del corpo. Quando li riapre, sono freddi come il ghiaccio.
Se mai ce ne fosse bisogno, la prova che la questione degli occhi chiusi – posta come una abitudine assoluta e immutabile – è una forzatura sta nella lunga scena d’amore della reunion tra Claire e Jamie. Nella sesta puntata gli spettatori seguono i due al bordello e assistono al loro riavvicinamento fisico: numerosi amplessi, almeno tre, con sentimenti ed emozioni che passano dalla timidezza alla tenerezza, dalla ruvidità (“Do it now and don’t be gentle” dice Claire a Jamie, incitandolo a rompere ogni cautela e a entrare dentro di lei per la prima volta dopo vent’anni) alla lenta riscoperta dell’altro. In questo quadro, sia lui sia lei a volte hanno gli occhi aperti, e si guardano intensamente, a volte hanno gli occhi chiusi, ma non per questo sono meno intensamente coinvolti in ciò che stanno facendo. La più eloquente dimostrazione che ”a occhi chiusi” è una metafora che non regge l’impatto con... la vita reale. © insideoutlander