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La metamorfosi di Frank

A volte, mossi dalle migliori intenzioni, si combinano disastri. In particolare, nelle trasposizioni televisive e cinematografiche di libri o fumetti, talvolta ci sono dei personaggi che gli sceneggiatori decidono di valorizzare, intensificare. Riscrivere. L’intento nella maggior parte dei casi è di renderli migliori: più forti, più caratterizzati – nel bene o nel male.

Ciò è accaduto, in Outlander, con il personaggio di Frank Randall. Nella prima stagione è stato inevitabile: se gli sceneggiatori non avessero inventato qualcosa il personaggio di Frank sarebbe scomparso completamente dalla scena alla fine del primo episodio, essendo la prima stagione basata sul primo romanzo della saga di Outlander, ed essendo questo primo romanzo scritto completamente in prima persona dal punto di vista di Claire. Dunque, una volta saltata 202 anni indietro nel tempo, la narratrice nulla poteva più sapere né raccontare del marito lasciato nel Novecento. Gli sceneggiatori hanno in questo caso dunque colmato un vuoto, creando una narrazione parallela che mostrasse agli spettatori Frank nei giorni e nelle settimane successive alla scomparsa di Claire. Nella seconda stagione invece il ruolo di Frank non è stato ampliato. Per esigenze di timeline, gli sceneggiatori si sono limitati a pescare le scene che lo riguardavano da Voyager, il terzo libro della saga, anziché Dragonfly in amber, per il semplice motivo che il racconto del re-incontro di Claire e Frank nell’aprile 1948 Diana Gabaldon in Dragonfly lo salta a piè pari, e lo racconta invece in Voyager. La trasposizione televisiva segue abbastanza fedelmente, nel primo episodio della seconda stagione, lo sgomento di Frank nel ritrovarsi di fronte una moglie incinta e convinta di aver viaggiato nel tempo, e la sua decisione di riprenderla con sé e cominciare una nuova vita a Boston con lei e con il figlio nascituro. Poi Frank non appare più; nel finale di stagione, ambientato nel 1968, gli spettatori si trovano di fronte una Claire 49enne, in visita in Scozia con la figlia Brianna, che a Roger racconta di essere rimasta vedova due anni prima. Ma nella terza stagione qualcosa si rompe. Gli sceneggiatori giudicano evidentemente troppo scarsa l’attenzione di Gabaldon verso il personaggio di Frank, troppo scarne le – pochissime – scene che lo coinvolgono. E prendono una decisione: riscrivere il personaggio. Il Frank Randall televisivo dunque a Boston è un uomo completamente, profondamente diverso rispetto al Frank Randall letterario. E si verifica un cortocircuito clamoroso. L’obiettivo degli sceneggiatori è in tutta evidenza quello di renderlo migliore agli occhi del pubblico. Questo viene fatto attraverso tagli e aggiunte. Il risultato è pessimo. La forza della scrittura di un bravo narratore – e Diana Gabaldon è una straordinaria narratrice – sta nella capacità di creare personaggi multidimensionali, con pregi e difetti. Personaggi umani, credibili nella loro umanità: personaggi vivi. Frank, pur non avendo molte scene nei romanzi della saga, è certamente un personaggio centrale; e Gabaldon costruisce con poche pennellate un personaggio complesso, pieno di sfumature. Anche nei libri successivi a Voyager i dettagli che aggiungerà, attraverso i ricordi di Claire e Brianna, contribuiranno a rendere l’idea di una figura con tante nuance. Frank ha, in particolare, due grandi difetti nel libro. Il primo è che è un donnaiolo impenitente, con un nugolo di donne – a cominciare dalle sue studentesse – che gli ronza intorno. Il secondo è che è razzista: ciò risulta evidente dal famoso dialogo della litigata con Claire, in cui esprime chiarissimamente il suo fastidio per l’amicizia di Claire con Joe Abernathy, il suo collega afroamericano, e si preoccupa che Brianna possa uscire con il figlio di Joe, e non sia mai intrecciare qualche relazione amorosa con un nero. Gli sceneggiatori ovviamente tagliano di netto il razzismo di Frank. E modificano pesantemente la sua infedeltà. Invece di tante donne intorno, gli affibbiano un’unica amante. Questa relazione adulterina con Sandy (un personaggio che non esiste nei libri della saga) dura quasi un decennio; e poco prima di morire Frank dice a Claire di volere il divorzio, per potersi risposare proprio con Sandy. La rivisitazione del personaggio da parte degli sceneggiatori rende purtroppo Frank molto più debole e piatto. L’intento – renderlo non un fedigrafo traditore, ma un povero marito bistrattato che cerca calore altrove, scegliendo una giovane ricercatrice all’università e costruendo con lei una relazione parallela al suo matrimonio infelice con Claire – è certamente buono: spingere gli spettatori a dire “povero Frank! Intrappolato in un matrimonio senza più amore, con una donna che vive pensando solo a un fantasma”. Ma il risultato è paradossalmente il contrario. Frank viene ridotto a un pupazzo, e diventa un uomo rancoroso, insicuro, che scappa di fronte a Claire (solo perché lei chiude gli occhi le prime volte che fanno l’amore!), incapace di dare alla sua famiglia solidità e serenità che vadano al di là del mero sostegno materiale, incapace di dare a Brianna un modello di uomo rispettoso della sua donna e premuroso nei suoi confronti. Nella serie anzi Frank è un marito talmente pessimo da rifiutarsi perfino di partecipare alla cena di festeggiamento per la laurea in medicina di sua moglie. Un uomo incattivito, ostile, vendicativo. A questo Frank fa da contraltare una Claire, bisogna dirlo, altrettanto snaturata, fredda, incapace di “tornare indietro dal passato”. Il Frank del libro non è questo. In Voyager Gabaldon fa raccontare a Claire come, al primo anno di università, lei fosse stata tentata di abbandonare tutto per via dei sensi di colpa verso Brianna, all’epoca alle elementari. In quell’occasione Frank aveva risolto l’impasse offrendosi di tenere Brianna nel suo studio dopo la scuola. Frank non era contento delle velleità professionali di sua moglie, ma le sosteneva. C’è poi una bellissima scena in flashback nel quinto libro della saga, “The fiery cross” (in italiano nei due tomi ”La croce di fuoco” e ”Vessilli di guerra”). Claire ricorda come, in uno studio medico per accompagnare Brianna a fare una vaccinazione, lui avesse gestito alla perfezione una domanda imbarazzante sull’incompatibilità del gruppo sanguigno di Brianna con quello dei genitori. In quell’occasione non aveva fatto una piega e aveva risposto con naturalezza al dottore, spiegando di aver adottato Brianna, e toccando dolcemente la spalla di Claire per dirle che andava tutto bene, sollevarla dall'imbarazzo, dalla fitta di senso di colpa. Questo era Frank. Uno che, di sera, faceva bene l’amore con sua moglie Claire. Uno che la trattava con rispetto, in casa e fuori casa. Uno che aveva qualche amante, ma con discrezione, e che mai l'avrebbe ammesso di fronte a Claire, tantomeno a Brianna. Uno che aveva parecchi segreti, ma li sapeva gestire bene. Uno che poi, verso la fine, si era certo anche scocciato, che aveva deciso di separarsi da Claire, addirittura di provare a portarle via Brianna. Non uno stinco di santo, dunque. Un uomo con pregi e difetti. Ma certo, durante la maggior parte dei 18 anni della vita a Boston insieme a Claire, il Frank tratteggiato dalla penna di Diana Gabaldon non era quell’involucro di insoddisfazione, rancore, egoismo e freddezza fisica ed emotiva che la trasposizione televisiva ha voluto proporre agli spettatori. © insideoutlander

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