Nella narrazione dei giorni appena dopo Culloden il primo episodio della terza stagione di Outlander rimane incredibilmente fedele al libro da cui è tratto, “Voyager” (in italiano la parte su Culloden è contenuta nel primo volume, “Il cerchio di pietre”). I punti principali ci sono tutti: Jamie che viene ritrovato moribondo sul campo di battaglia da un suo compagno d'armi, e trasportato in un casale dove altri Highlanders feriti hanno trovato rifugio. Gli inglesi che non ci mettono molto ad individuare il nascondiglio, e si presentano per eseguire l'ordine di condanna a morte di tutti i superstiti. L'ufficiale inglese più alto in grado, Lord Melton, che concede un po' di tempo ai condannati per potersi preparare alla morte. La scena commovente dei due giovanissimi, per i quali viene richiesta – e negata – la grazia. E poi Lord Melton, che udito il nome (“James... Alexander... Malcom... MacKenzie... Fraser, in una pronuncia scandita che ricalca quella di una circostanza ben più lieta, il matrimonio) si paralizza: si tratta dell'uomo con cui suo fratello John William Grey ha un debito d'onore. E così Lord Melton, esattamente come nel libro, interroga Jamie, si accerta della sua identità, e gli risparmia la vita. Di nascosto lo carica su un carro e lo fa portare a Lallybroch.
Alcuni dei dialoghi sono tratti pari pari dalle righe di Diana Gabaldon. Ma c'è un elemento che è presente solo nella serie TV: Rupert. Rupert è a tutti gli effetti il coprotagonista, insieme a Jamie, della narrazione dei giorni successivi a Culloden. È Rupert che trova Jamie sul campo di battaglia, è lui che se lo carica sulle spalle e lo porta al riparo. È lui che organizza la vita nel rifugio, rincuorando i feriti. È lui che conferisce con i soldati inglesi, al loro arrivo, gestendo il macabro rito delle esecuzioni affinché sia il più dignitoso possibile. Pur non essendo gravemente ferito, Rupert sceglie di non scappare, di non abbandonare i compagni: va incontro alla morte a testa alta, con la sua consueta ironia. Rupert in “Voyager” non c'è. Perché Rupert, nella saga letteraria, è morto da un pezzo: in Dragonfly in Amber Diana Gabaldon lo fa perire nella scena ambientata nella chiesa, tra le braccia del suo capoclan Dougal MacKenzie (questa morte nella versione italiana è contenuta nel secondo tomo, “Il ritorno”). Avendo scelto di non far morire Rupert nella seconda stagione, gli sceneggiatori hanno potuto regalargli questo momento di gloria: un ruolo di grande dignità e compassione nel momento più difficile. La presenza di Rupert permette anche un chiarimento finale tra lui e Jamie. Nella puntata finale della seconda stagione, infatti, era stato proprio Rupert il testimone oculare che aveva visto Jamie e Claire nel concitato momento dell'omicidio di Dougal, alla vigilia di Culloden. In quell'occasione Rupert aveva rivolto parole pesantissime a Jamie, rinnegandolo. Nel libro, ovviamente, non è Rupert il testimone oculare – sempre per la stessa ragione: era già morto – bensì uno degli uomini di Dougal, un certo Willie Coulter di cui non si era mai sentito parlare prima, e che non riapparirà più nei libri successivi (se ne troverà vago cenno, per la precisione, in uno degli ultimi, “An echo in the one”, in italiano suddiviso nei due tomi “Destini incrociati” e “Il prezzo della vittoria”). Ma nella serie TV Rupert c'è, eccome: ha combattuto sul campo di Culloden e, dopo la battaglia, è disposto all'indulgenza. Sa che stanno tutti per morire, sa che il loro fato è segnato, e non vuole accomiatarsi da Jamie – che è stato una persona così importante nella sua vita – con rancore e odio. Le poche parole che si scambiano, poco prima che Rupert venga condotto al patibolo, bastano a significare, se non una riconciliazione, almeno un commiato sereno. © insideoutlander