La seconda stagione dell'Outlander televisivo si apre e chiude su un tema-chiave: quello della paternità. Nella prima puntata della stagione Frank, vedendosi ripiombare Claire a Inverness a due anni e mezzo dalla sua scomparsa, è chiamato a prendere una decisione gravosa: scegliere se lasciarla o se restare con lei, malgrado lei sia incinta di un figlio che evidentemente non può essere suo.
Frank è combattuto tra due fuochi. Da una parte c'è il desiderio di stare di nuovo con Claire, senza badare a cosa è successo in quegli anni: riprendersi sua moglie. E su questo stesso piatto della bilancia c'è la tentazione di prendersi e attestarsi anche il figlio che Claire porta in grembo, un figlio che lui non potrà mai generare perché – come confessa al reverendo Wakefield – ha scoperto, compiendo alcuni esami medici, di essere sterile. Dall'altra parte c'è la paura di non riuscire a perdonare Claire per gli anni di lontananza (due e mezzo, ricordiamolo, per effetto della correzione della tempistica; mentre nel libro gli anni sono tre), ma sopratutto di non riuscire ad amare il nascituro come se fosse davvero suo. Anche perché Claire non gli nasconde di aver amato il padre del bambino, di averlo sposato, e di essere addolorata per la separazione da lui. Proprio il reverendo Wakefield fa pesare l'ago della bilancia in favore della decisione di restare con Claire, e fare da padre al nascituro, raccontandogli la felicità di fare da padre, seppur adottivo, al piccolo Roger. Come un chiasmo, il tema della paternità viene ripreso nell'ultima puntata della seconda stagione. Stavolta il padre in gioco è Jamie. Che implora e impone a Claire di mettersi in salvo, ripassando attraverso le pietre per tornare nel Novecento, e sfuggire alla tragedia imminente di Culloden. Vuole questo a tutti i costi non solo per salvare sua moglie, ma anche e sopratutto per salvare il figlio che lei porta in grembo: un figlio che lui non conoscerà mai, ma che vuole proteggere. Un figlio che rappresenta, come lui dice sia nel libro sia nella trasposizione televisiva, il suo unico futuro. Il finale di stagione della seconda stagione offre in carne e ossa agli spettatori quel figlio immaginato fino ad allora solo nel grembo ancora piatto di Claire. Anzi, figlia: si tratta di Brianna, cresciuta da Frank Randall come sua legittima figlia, e totalmente ignara dell'esistenza di James Fraser. Brianna ha 19 anni, ed è il frutto forte e delicato dei vent'anni che Claire ha passato nel Novecento dopo essere tornata dal 1746. La potenza del tema della paternità, tanto forte da aprire e chiudere la seconda stagione, tornerà amplificata nella terza. Anche senza aver visto nemmeno una puntata, e senza voler anticipare i contenuti del terzo romanzo – “Voyager”, in italiano suddiviso ne “Il cerchio di pietre“ e “La collina delle fate” – per chi non lo avesse letto, tutti sappiamo che questo tema sarà sviluppato, sviscerato, messo al centro della narrazione. Come si sarà comportato, Frank, come padre? Sappiamo dall'ultima puntata della seconda stagione che Brianna lo ha amato molto, e questo è un indizio a suo favore. Ma é possibile amare una figlia dal profondo del cuore, eppure tenerle nascosta una informazione così enorme sul suo passato, sul suo stesso sangue? Usando una citazione outlanderiana: se il segreto – in alcune circostanze – é compatibile con l'amore, lo è anche la menzogna? E cosa sarà successo a Jamie, nel Settecento, privato di Claire e del figlio nascituro? Quante volte si sarà chiesto se il passaggio attraverso le pietre è andato bene, se suo figlio ha visto la luce, che volto ha? E avrà forse avuto altri figli, nel proseguio della sua vita? La terza stagione di Outlander si preannuncia quando mai densa di contenuti. © insideoutlander