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Perché leggere i libri


I libri da cui è tratta la serie non sono libri... ”normali”. Il motivo principale è che i personaggi entrano sotto la pelle, e lì restano. A lungo. Forse per sempre. Indipendentemente da se si legga il primo libro o il terzo o l'ultimo (attualmente sono otto in tutto – quindici nelle edizioni italiane, che dal secondo in poi hanno suddiviso ogni romanzo in due tomi), addirittura indipendentemente da se a un certo punto si decida di fermarsi, di non proseguire con i libri successivi. Dunque vanno letti: quantomeno il primo. Specialmente se si è rimasti intrigati dalla serie TV. Solo “La Straniera” ha mezzo milione di voti su Goodreads. Mezzo milione. E 35mila (!) recensioni. Considerando insieme anche il secondo e il terzo volume (la prima “trilogia”), arriviamo quasi a un milione di voti e oltre 50mila recensioni. Parliamo di recensioni quasi esclusivamente in inglese, con qualche raro intervento in altre lingue. A leggerle si capisce bene che il libro polarizza. In una scala da 1 a 5 stelle, il libro totalizza 4,20: una enormità. Giusto per dare un termine di paragone: il primo romanzo della saga “Twilight” (dai quattro libri, usciti tra il 2005 e 2008, sono stati tratti cinque film usciti tra il 2008 e il 2012) ha 3 milioni e 700mila voti e 94mila recensioni, ma il voto medio di gradimento si ferma a 3,57; senza contare per esempio che “Il rosso e il nero” di Stendhal, che personalmente ritengo uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi, ha meno di 40mila voti da cui deriva un punteggio di 3,87. La particolarità dei giudizi espressi sulla saga Outlander è che si tratta di quasi tutti 4 e 5 da parte di chi é entusiasta, e di 1 da chi non lo è. Cioè il libro crea un effetto amore o odio: chi si innamora lo osanna, chi non lo apprezza lo denigra. E dato che il risultato finale è composto dalla media, è evidente che il libro conti più estimatori che (pur accaniti) detrattori. Ma il solo fatto di avere buone recensioni dai lettori non basta certo a sancire il valore di un libro. “La Straniera” (e, in generale, la saga) è speciale perché crea un legame ombelicale tra i personaggi e ciascun lettore. Basta leggere il contenuto delle recensioni per individuare il minimo comune denominatore: una empatia fortissima con i personaggi. I lettori si identificano. Amano e ammirano Claire. Si innamorano di Jamie. Fremono per le loro vicende, si indignano, piangono. Entrano nella storia a piedi uniti, e quando il libro finisce sono storditi, ancora pieni di Outlander nella testa. Amano e cominciano a usare l'accento scozzese (una nota dolente delle traduzioni – quantomeno di quella in italiano – è di non aver saputo rendere questo aspetto, con la peculiarità del vocabolario e dell'accento scozzese, che rende l'eloquio di Claire così differente da quello di Jamie e di tutti gli altri Highlanders). Nella maggior parte dei casi scalpitano per passare al libro successivo, anche se la maggior parte è spaventata dalla mole di pagine (ciascun libro sta intorno alle 8-900). Le frasi clou di alcuni personaggi diventano frasi di uso comune. Diana Gabaldon non ha creato una saga – ha creato una droga. © insideoutlander

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