top of page

Un caso editoriale

C'era una volta, tanti anni fa in America, una casa editrice che comprò i diritti del romanzo di una scrittrice esordiente. Il libro si chiamava “Cross stitch”, e narrava la storia di una infermiera inglese che nell'immediato dopoguerra, nell'aprile del 1945, visitava un misterioso cerchio di pietre nei pressi di Inverness e di colpo si ritrovava per caso catapultata indietro nel tempo, finendo nella Scozia della metà del Settecento.

L'autrice era una professoressa di zoologia texana alla sua prima esperienza letteraria; ma aveva trovato da subito un agente molto bravo, che era riuscito a incuriosire varie case editrici. Quella che si era accaparrata i diritti aveva siglato un contratto non solo per il primo romanzo, ma per una trilogia. Disse però all'autrice che il titolo non andava bene, e propose di mutarlo in “Outlander”. L'autrice accondiscese. Sul libro c'era una grande aspettativa, e fin da subito l'agente cominciò a muoversi per vendere i diritti in altri Paesi, facendo tradurre il romanzo in altre lingue. Tra le case editrici straniere che dimostrarono interesse verso il libro ve ne fu anche una inglese. E qui voi direte: niente di più semplice! Negli Stati Uniti e nel Regno Unito non si parla forse la stessa lingua? La diffusione del romanzo in Inghilterra non avrebbe avuto nemmeno bisogno di una traduzione. Eh già, questo penserebbe chiunque dotato di senno. Invece, la vicenda dei diritti e della diffusione di questo libro in lingua inglese, sulle due sponde dell'oceano, diventò inspiegabilmente un caso editoriale complicatissimo, ancora oggi aperto e irrisolto. Perché la casa editrice inglese disse: va bene, compro i diritti e lo diffondo in UK. Ma voglio tenere il titolo originale, quello inizialmente proposto dall'autrice. Dunque negli stessi mesi uscì negli Usa il romanzo “Outlander” di Diana Gabaldon, che aveva come protagonista l'infermiera Claire Beauchamp; e nel Regno Unito uscì il romanzo “Cross stitch” di Diana Gabaldon, che aveva come protagonista l'infermiera Claire Beauchamp. Due Paesi, due titoli diversi per lo stesso libro. Ma la casa editrice inglese disse anche: non va bene che il libro cominci nell'aprile del 1945, affermando che la seconda guerra mondiale sia appena finita; nell'aprile del 1945 la seconda guerra mondiale non era ancora finita, in effetti. Noi riteniamo che sia necessario spostare l'incipit della storia di un anno, e dunque correggere il testo cambiando il 1945 con il 1946. A quel punto la casa editrice americana avrebbe dovuto dire: caspita, non ci eravamo accorti dell'errore! Grazie per avercelo segnalato, lo correggiamo subito anche noi nella versione americana. Invece no. La casa editrice americana fece spallucce. Disse: abbiamo già stampato le bozze finali; pensò che il suo pubblico non si sarebbe accorto della differenza. I lettori americani non avrebbero notato l'errore storico. La casa editrice inglese aveva evidentemente più rispetto per il suo pubblico (in effetti, probabilmente più ferrato in storia contemporanea europea), e non fece marcia indietro. Chiese e ottenne di cambiare la data, e andò in stampa con la data di incipit ben stampata nella prima pagina del primo capitolo: 1946 anziché 1945. E non finì qui. La casa editrice inglese decise che il libro era anche troppo lungo. Quindi operò dei tagli, e dalle iniziali 900 pagine eliminò circa un centinaio di pagine. Inoltre, cambiò delle parole, evidentemente convinta (vacillò, qui, il rispetto verso il pubblico) che i lettori non sarebbero stati in grado di leggere “horse” anziché “pony”, e altre minuzie di questo tipo. Nessuno saprà mai con certezza, a parte Diana Gabaldon e il suo agente, se e quanto i tagli e le modifiche apportati dalla casa editrice inglese sul testo fossero stati concordati e approvati dall'autrice, e quanto invece fossero stati decisi in maniera autonoma, senza lasciare voce in capitolo all'autrice. Per giunta, i curatori inglesi di “Cross stitch” non si limitarono a tagliare pezzi e cambiare parole. Scelsero di aggiungere anche delle parti. Un paragrafo qua e là, un dialogo, a volte addirittura una pagina intera. Questo rese ancor più complessa, se possibile, la situazione. Da dove venivano le parti aggiunte? Erano state scritte da Diana Gabaldon, originariamente, e poi tagliate nella versione americana? Oppure erano il frutto della fantasia dell'editor inglese del libro, che si era preso la libertà di aggiungere interi paragrafi sostituendosi all'autrice? E in questo secondo caso, Gabaldon era almeno stata chiamata a dare il suo benestare? Ecco quindi il risultato: lo stesso libro, nell'anno 1991, arrivò in libreria nella stessa lingua (inglese), con due titoli, due lunghezze, e perfino due contenuti (quantomeno in alcuni dettagli) diversi. Ma la storia non finisce qui. Perché all'epoca nessuno sapeva cosa sarebbe stato di quel libro. Sarebbe potuto diventare uno degli innumerevoli romanzi senza fortuna, vendere qualche migliaio di copie e poi finire nel dimenticatoio. Invece le cose andarono diversamente. L'autrice esordiente diventò... Diana Gabaldon. “Herself”. Nei successivi vent'anni, quel suo primo romanzo e i successivi vendettero dieci milioni di copie in tutto il mondo. I protagonisti della saga di Outlander, l'infermiera Claire e il suo amore settecentesco Jamie Fraser, divennero oggetto di culto da parte di fan in America e in molte altre parti del mondo. In tutti quegli anni, numerose furono ovviamente le ristampe; sopratutto del primo romanzo, il capostipite della serie. E numerose furono le traduzioni in altre lingue, italiano compreso, fortunatamente tutte basate sul lavoro originale, quello americano. Dunque la casa editrice inglese, con la sua versione “divergente”, fu progressivamente messa sempre più in minoranza: dovunque venisse tradotto, il libro appariva nella versione con l'incipit ambientato nel 1945, e con la narrazione originale, senza i tagli e le aggiunte apportati dagli inglesi. Eppure, incredibilmente, nonostante il boom la casa editrice americana – Delacorte, parte del gruppo Dell – non corresse mai l'anno di incipit del romanzo iniziale. Cosa anche da un certo punto di vista comprensibile: essendo tutti i romanzi della saga concatenati, e basati su una serie di viaggi nel tempo, il fattore temporale era cruciale. L'unica cosa da fare sarebbe stata correggerlo nel 1991, o immediatamente dopo: col passare degli anni, divenne difficile, poi – a meno di non voler poi rimettere mano a tutti i romanzi successivi, correggendo le linee temporali – letteralmente impossibile. Dunque la leggerezza – se non vogliamo proprio dire la cialtroneria – di chi, alla fine del 1990, all'interno della casa editrice americana decise di non correggere l'errore, inevitabilmente pesò sulla saga per sempre, fino ai giorni nostri. Contemporaneamente, altrettanto incredibilmente, pur rendendosi conto che la saga di Outlander stava diventando un fenomeno, e che il libro vendeva moltissimo, la casa editrice inglese scelse di continuare a modo suo. Tenne il suo incipit nel 1946, contrariamente al resto delle edizioni di tutto il mondo. Tenne i suoi tagli (alcuni vistosi!). E tenne le sue aggiunte. L'unica cosa su cui cedette, con tutta probabilità per poter godere della fama che a quel punto il libro aveva conquistato, fu il titolo: “Cross Stitch” a un certo punto divenne “Outlander” anche nel Regno Unito. La cosa più assurda è che naturalmente la casa editrice inglese comprò da quella americana anche i diritti dei romanzi successivi di Diana Gabaldon. E nei romanzi successivi non toccò una virgola. Dunque, per esempio, nel secondo romanzo della saga (“Dragonfly in amber”) tutta la ricostruzione dei viaggi nel tempo, che il personaggio di Roger fa arrivando a capire che Brianna non è figlia di Frank Randall, è correttamente collocata nel 1945. Per capirci: un povero lettore inglese che avesse comprato il primo libro della saga nella versione della casa editrice inglese avrebbe letto le vicende di Claire, tornata indietro nel tempo dal 1946 al 1743. Poi però se quello stesso lettore, appassionatosi alla storia, avesse comprato il secondo romanzo della saga, sempre in versione inglese, si sarebbe trovato l'anno del viaggio nel tempo cambiato dal 1946 al 1945. Cosa avrebbe pensato? I conti non sarebbero più tornati, dal suo punto di vista. Non si sarebbe sentito tradito? Eppure, è andata così. E arriviamo così, a grandi passi, al 2013. A ventidue anni dalla pubblicazione del primo romanzo della saga, sia negli Usa sia in UK, ecco che una mega produzione (Starz + Sony) decide di farne una serie televisiva. I fan vanno in visibilio, e le case editrici di tutto il mondo capiscono che, se la serie avrà successo, sarà come vincere un terno al lotto. Le vendite dei libri riprenderanno alla grande, e innumerevoli nuovi lettori, attirati dalla TV, si aggiungeranno allo zoccolo duro dei fan di lunga data. Le previsioni sono giuste. La serie TV viene prodotta e va in onda per la prima volta negli Usa nella seconda metà del 2014. È bellissima e strega gli spettatori. La prima stagione è basata appunto sul primo romanzo della serie. I produttori, capitanati da Ronald D. Moore, fanno riferimento naturalmente all'edizione originale, quella americana. Le vendite del primo libro ri-schizzano alle stelle ovunque. Nuove edizioni vengono prontamente stampate progressivamente in tutti i Paesi dove la serie viene messa in onda, e riscoppia la Outlander-mania, elevata a potenza dal mezzo televisivo, dal web e dai social network. A questo punto voi direte: è passato un quarto di secolo. C'è anche una versione TV. Outlander ad oggi ha venduto, conteggiando insieme tutti i libri della saga (otto, al momento) in tutto il mondo, quasi 30 milioni di copie. È un fenomeno planetario. La casa editrice inglese – che si chiama Arrow, un marchio del gruppo Penguin – si sarà finalmente uniformata alla versione originale? La risposta, tragicamente, è: no. Ancora oggi mette in commercio (l'ultima ristampa è del 2014) la sua versione di Outlander, con l'incipit nel 1946 e i tagli e le aggiunte. Ancor oggi, il povero lettore inglese compra il primo romanzo, lo trova ambientato nel 1946, e poi dal secondo in poi il 1946 viene inspiegabilmente tramutato il 1945. A quali impensabili risultati porta l'ottusità.

© insideoutlander

You Might Also Like:
bottom of page